mercoledì 29 giugno 2011

La solidarieta' del Sud

Narjes e Mourad sono due giornalisti freelance. Li abbiamo conosciuti per caso. Hanno saputo del libro sulla rivoluzione (in uscita in Italia in tutte le librerie il 7 luglio) e ci volevano conoscere. Hanno voglia di raccontarci le loro di storie, quello che hanno visto. Hanno una sete di conoscere, instaurare legami, condividere. E' una passione disarmante quella con cui in un caffe' di Ariana (quartiere popolare di Tunisi) ci raccontano i loro viaggi al Sud. E da febbraio che la coppia di giornalisti trova ogni opportunita' possibile per andare a Sud: Tatauoine, Dhiba, Ras Jedir, luoghi dove oggi si scrivono alcune delle piu' belle storie della storia Tunisia, luighi dove l'entusiasmo rivoluzionario e l'umanita' Tunisina hanno dato vita ad un accoglienza senza precedenti. Con l'arrivo dei Libici, si e' persa la conta dei rifugiati in Tunisia. Sono nei campi, ma anche - lo scopriamo attraverso i nostri nuovi amici - in migliaia di case a Tataouine e altre localita' del Sud. Ad accoglierli c'e' ad esempio - ci racconta Narjes - Fatma, madre di 10 figli, molti ancora in eta' scolare, che ospita decine di libici nella sua casa. Narjes l'ha vista con i suoi occhi, cucinare incessantemente per tante nuove bocche da sfamare. Ce ne sono migliaia come Fatma, che operano nel silenzio della stampa internazionale e locale. Non si aspettano nulla. Intanto sono proprio i nostri amici a raccontarci che molti degli aiuti non arrivano a destinazione. Raccontano di depositi misteriosamente vuoti, di uomini di affari Libici che da Tunisi inviano delle carovane private per evitare che qualcuno se ne approfitti. "Qui a Tunisi non si parla che di Ennhada, dei nuovi politici, delle elezioni - dice Mourad - mentre al Sud succedono cose piu' importanti". Narjes e Mourad hanno un sogno: trovare 20,000 dinari e poterli portare al Sud, consegnare soldi e provviste nelle mani di chi non le riceve, e scrivere un libro su quello che hanno visto, raccontando al mondo luci e ombre di questo concentrato di umanita', che passa inosservato tra la sabbie del Sud della Tunisia.

domenica 19 giugno 2011

Lezione di stile

..Tunisi, giovedi e venerdi, conferenza sugli investimenti in Tunisia, il Primo Ministro Tunisino durante il suo intervento afferma: in ventiduemila sono venuti in Europa, e ci avete detto che "stanno mettendo in ginocchio" il sistema sociale dei paesi come l'Italia la Francia....
la Tunisia, un paese che sta gestendo una difficile transizione, da un regime ad un voto democratico, da un sistema di controllo forte ad uno maggiormente libero..
..la Tunisia oggi, ad ospitare i "fratelli" che vengono dalla Libia. Sono seicentomila, ad oggi, scappano dalla guerra e trovano accoglienza. Di questo siamo orgogliosi, non urliamo alla catastrofe, e speriamo che molti dei ventiduemila che sono venuti in Europa, tornino presto tra noi.


Lezione di stile.. e non solo

lunedì 13 giugno 2011

mercoledì 8 giugno 2011

Elezioni in Tunisia, nuovo rinvio: 23 Ottobre

Questa volta e' definitivo, o cosi pare. Il primo ministro ha annunciato di aver trovato un'accordo sulla nuova data delle elezioni. I toni sono quanto mai nervosi. Durante la conferenza stampa, il primo ministro Béji Caïd Essebsi chiede "basta proteste, basta scioperi". Parla dialetto tunisino, linguaggio semplice, toni diretti. E' visibilmente esasperato e risponde con toni accesi alle domande dei giornalisti "Non volete che prendiamo prestiti internazionali? rimaniamo allora con l'economia in crisi allora!". Critica apertamente quello che chiama mentalita' da sottosviluppo, accusa il ritorno del tribalismo. Risponde alle critiche fatte al governatore Nebli, ex alto funzionario della Banca Mondiale, ricordando che il suo salario di ministro e' assai inferiore a quello che guadagnava altrove. Ricorda il suo patriottismo, ma se il popolo vuole che questa gente parta, li lascera' partire. Sembra perdere le staffe, ma il messaggio e' forte. Bisogna rimboccarsi le maniche!. Il paese deve andare avanti. Ce ne ha anche per l'occidente. "Mica ci hanno consultato prima di attaccare la Libia, e ora siamo noi a pagare il prezzo piu' alto!". Cita gli ultimi numeri. Sono oltre 470,000 i rifugiati ad aver cercato - anche se molti di loro transitoriamente - in Tunisia. "E loro si lamentano per qualche migliaia arrivati a Lampedusa!. Intanto a Tunisi ci si chiede a chi giovi questo ritardo. C'e' chi dice che Ennadha, il partito islamista, approfittera' usando il mese di ramadam per aumentare il proprio consenso, altri invece dicono che e' meglio cosi, visto che avra' piu' occasioni di mostrate il suo "vero volto" conservatore e entrare in contraddizione con se stesso. Nel frattempo gli altri partiti avranno piu' tempo per presentare i propri programmi, ed e' certo che in una situazione politica cosi fragile, e' meglio aspettare l'estate (e magari l'arrivo dei turisti , che di certo non sarebbero venuti sotto elezioni a luglio)...sperando che il sole non surriscaldi ancor piu' gli animi

martedì 7 giugno 2011

Musica e Rivoluzione: L'urlo dei Liberi



La Tunisia post-rivoluzionaria e' in esplosione artistica. Riportiamo un articolo apparso sul Mattino di Francesca Bellino. "Sin dalla prima manifestazione in Tunisia la musica si è messa al servizio della rivoluzione. Soprattutto i canti dei rapper, da Psyco M a Il generale, da Balti a Mister Kazi e Dj  Costa, hanno fatto da colonna sonora alle diverse fasi della ribellione con brani come “Il presidente”, o “La famiglia mafiosa”, o “Voglio l’eguaglianza di Melson Mandela”. Ma il rap non è l’unico genere musicale diffuso in Tunisia e uscito allo scoperto in questo periodo. Esiste una scena metal tunisina poco conosciuta in patria, finora rimasta nascosta nel suo guscio, ma famosa all’estero che ha come punta dell’iceberg il gruppo Myrath che, proprio nei mesi della rivoluzione, ha ultimato un nuovo cd che porterà il titolo di “Dignità” (karaama) per sintetizzare in una unica parola il senso profondo delle richieste del Paese. Il gruppo, fondato dal chitarrista Malek Ben Arbia nel 2011 (quando aveva solo 13 anni), se all’inizio si dilettava a suonare cover di band di blues heavy metal e death  metal, con il passare degli anni ha iniziato a produrre brani originali influenzati dalla musica orientale e a esprimersi prima in inglese e poi, per caratterizzarsi maggiormente, anche in arabo usando il dialetto tunisino.  Malek, cosa è cambiato nel mondo della musica tunisina dalla cacciata di Ben Alì? Gli artisti finalmente non hanno più paura di esprimere la propria creatività. La dittatura aveva legato le mani al mondo artistico. Non ne potevamo più di stare fermi per questo siamo tutti scesi in piazza sin dal primo giorno e ognuno si è espresso a modo suo. I canali televisivi oggi ospitano più musicisti, sono in programma più concerti, ma soprattutto è venuta fuori la gioia di esprimersi in libertà, a viso aperto, senza nascondersi. Il cantante di Myrath, Zaher Zorgati, ha scritto anche una canzone dedicata alla rivoluzione…Sì, s’intitola “L’urlo dei liberi”. Sta girando tanto su Facebook e su youtube che finalmente non sono oscurati. E’ il nostro urlo.  Che ruolo ha avuto finora il metal in Tunisia? Era considerata una musica satanica? Era un genere emarginato. Non abbiamo ricevuto critiche di satanismo, ma siamo sempre stati trattati con indifferenza e non abbiamo mai ricevuto un aiuto. Per fortuna i nostri cd escono all’estero, altrimenti saremmo rimasti chiusi nella nostra cantina per anni. Ma nonostante ci muoviamo a livello internazionale siamo comunque stati sempre molto attenti a non trattare argomenti politici nei testi. Finora abbiamo pubblicato ben tre cd: “Double face” nel 2005, “Hope” nel 2007 (Brenus music-Francia) e “Desert call” nel 2010 (13 Bis Records-Francia/ Nightmare Records -USA). In estate esce il nuovo per la 13 BIS Records per l’Europa e il Giappone e per la Nightmare Records per l’America. Che significa Myrath? Eredità. Abbiamo scelto questo nome per comunicare che siamo un gruppo moderno ma che si lega al passato e guarda al futuro. Anche se proponiamo il metal, che è una musica occidentale, siamo sempre tunisini e orgogliosi di esserlo. Pensiamo che oggi, con le nuove tecnologie e internet, non ci siano più differenze fra i giovani del mondo: possiamo avere gli stessi gusti e condividere le stesse cose, pur mantenendo le nostre radici. Come definite la vostra musica? Progressive-power-oriental metal, tipica dei Myrath. L’urlo dei liberi... "

venerdì 3 giugno 2011

Il lato oscuro dei campi rifugiati in Tunisia...tutto mondo e' paese

Scoppia la rivolta nei campi profughi nel sud della Tunisia. Lontano dai riflettori internazionali migliaia di profughi, in gran parte provenienti dall'Africa Sub-Sahariana, sono ancora li, da mesi nei campi allestiti nel deserto. Sono i disperati che non hanno rifugio, alcuni non vogliono tornare nel proprio paese, altri non possono, provengono da paesi in guerra o hanno ragioni per temere di esser perseguitati, o semplicemente vogliono trovare rifugio in un paese che possa rappresentare una speranza. La scorsa settiamana la protesta di rifugiati per la loro condizione si converte in tragedia. Bloccano le strade, danneggiano alcune macchine. La reazione della comunita di Ben Guerdene (citta' a due passi dal campo profughi) e' quanto mai violenta. In centinaia accorrono verso il campo seminando paura e distruzione, e quanto pare 6 morti. Questo video racconta questa storia. Alcune storie finiscono in dei blogs come questo. Secondo un funzionario di un'organizzazione internazionale 20 Nigeriani sono stati arrestati per le distruzioni delle macchine e per i vanalismi, nessun tunisino per l'attacco al campo. Sembra che l'esercito abbia chiuso un'occhio, c'e' chi parla di un ruolo attivo dell'esercito ai pestaggi. Il governo tunisino chiama al rimpatrio immediato degli Aficani. "Nessuno in Tunisia osa criticare l'esercito, che ha il merito di aver salvato la rivoluzione" - ci racconta un funzionario di un altra organizzazione che opera nell'emergenza.  Parlandone ad alcuni amici tunisini nella quanto mai lontana Tunisi, sento delle reazioni molto famigliari "Gli Africani dovrebbero tornare nel loro paese, ma loro non vogliono! La gente di Ben Guerdene  e' esasperata!". Mi sembra di sentire alcuni commenti a cui siamo abituati nella sponda Nord del mediterraneo. Dov'e' finito lo spirito di solidarieta' con cui la Tunisia ha accorso i 380,000 rifugiati? Mi consola, tornando a casa di vedere chi davanti ai supermercati locali, ancora fa raccolta di cibo per la Libia. Saranno casi isolati? e' solo l'inizio? E' certo che la Tunisia sta pagando un prezzo molto alto per questa crisi, forse il piu' alto tra i paesi del mediterraneo. Ma quello che colpisce di piu' e' che nella Tunisia libera dove l'informazione non e' piu' sotto censura, nessuno parla di questa storia, e giustizia probabilmente non verra' mai fatta. "Sarebbe troppo delicato arrestare qualcuno di Ben Guerdene - commenta una mia collega Tunisina - alludendo al fatto che la citta' non ne puo' piu' e potrebbero scoppiare rivolte ancor piu' grandi". Quali futuro e quale speranza per questi profughi "di seconda classe"?