martedì 27 marzo 2012

Costituzione e Sharia, la Tunisia resta “libera, indipendente, sovrana e repubblicana”

di Serena Grassia. Scritto il 27 mar 2012 su Atlas

La posta in gioco era tra islamisti e modernisti, salafiti e democratici. A Place du Bardo i primi, seguaci di Ettahrir, con le lunghe barbe ispide ricordavano che la Sharia è l’unica legge possibile in un paese musulmano. E l’acclamavano a gran voce. Sull’Avenue Bourguiba, i secondi intonavano cori contro le “menti retrograde” che vogliono riportare la Tunisia indietro nel tempo. Non a caso, manifestavano proprio sulla strada che porta il nome del padre della Tunisia moderna, della Tunisia laica.

Intanto la Commissione incaricata di rivedere la Costituzione era riunita da sabato, per decidere se mantenere o meno l’articolo uno, se ispirarsi o meno alla Sharia, se chiamarla o meno col suo nome.

L’Europa, l’Italia, col fiato trattenuto aspettavano che la Commissione si pronunciasse, dopo aver già incassato la vittoria schiacciante dei partiti islamici nelle elezioni di ottobre a Tunisi, e di novembre-gennaio al Cairo.

Ieri sera il portavoce di Ennahda, Zoubar Chhoudi, ha finalmente rotto il silenzio dichiarando alla tv di stato che l’articolo 1 verrà conservato.

La Tunisia resta uno stato libero, indipendente, sovrano e repubblicano, la sua lingua è l’arabo e la sua religione l’Islam: l’articolo 1 della vecchia Costituzione del 1959 da oggi sarà l’articolo 1 della nuova Costituzione.

“Mette d’accordo tutte le parti sociali e politiche, per questo va mantenuto”, ha detto Mohamed Nejib Gharbi, capo ufficio stampa di Ennahda, raggiunto al telefono dall’agenzia di stampa Tap.

Ma in realtà la decisione di oggi potrebbe creare qualche frattura nel futuro, all’interno dello stesso partito di Ennahda, dove non manca chi vorrebbe lo stato islamico e i precetti islamici come unica legge.

Per Chhoudi ribadire il carattere arabo-musulmano dello stato è sufficiente a rafforzare l’identità del paese, e l’articolo uno lo fa senza necessità di aggiunte.

“Per il resto – continua – non c’è bisogno di politicizzare le questioni di identità perché può diventare pericoloso.”

Ammette l’inarrestabilità del movimento a favore della Sharia, invece, quando dice che si tratta di un pensiero politico e culturale di stampo nazionale, che potrebbe in futuro condizionare l’operare dei partiti.

D’altro canto la settimana scorsa le manifestazioni hanno infiammato le piazze del paese, evidenziando una spaccatura nella società che si riflette pienamente nel parlamento.

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