venerdì 13 gennaio 2012

13 gennaio - succedeva un anno fa

Ad un giorno dal primo anniversario della rivoluzione, riportiamo il racconto del pomeriggio e della quella sera del 13 gennaio, preludio della manifestazione del giorno dopo e della fuga di Ben Ali, 1 anno esatto, come abbiamo scritto sul nostro libro

Pierrick prosegue il suo racconto: «Entra il direttore dell’Istituto:
“Dovremo evacuare l’edificio, mi dispiace, non
avremmo dovuto farla venire, è troppo pericoloso”, mi dice.
Ma la sua decisione di chiudere il centro mette tutti in strada, in
mezzo al caos. Gli addetti alla sicurezza ci fanno uscire da una
porta posteriore. Hanno appena sparato lacrimogeni. La gente
si avvolge sciarpe intorno al viso per evitare di inalare gas e affretta
quanto più possibile il passo. Uomini, donne, bambini,
anziani: vanno tutti nella stessa direzione. Per le strade quasi
non ci sono veicoli; tutti i negozi sono chiusi. Le esplosioni
continuano, ma sembrano avvenire a distanza. Non ci sono più
tram o autobus, i pochi taxi sono pieni. Alcune macchine fanno
la spola per offrire passaggi a una folla in fuga».

In serata il presidente gioca la sua ultima carta: per la prima
volta in ventitré anni di potere Ben Ali pronuncia un discorso
in arabo-tunisino, nel tentativo estremo di riavvicinarsi
al popolo, usando questa volta un tono completamente diver-
arrestare e punire i responsabili; dichiara di avere commesso
degli errori perché mal consigliato e male informato sullo stato
reale del paese. Promette libertà di stampa e di espressione,
illimitato accesso alla rete e democrazia. Promette ancora di
diminuire il prezzo del pane e della farina e di non candidarsi
alle elezioni del 2014.

È un rivolgimento completo rispetto ai discorsi precedenti.
Ma, soprattutto, chiude con una frase che farà storia:
“vi ho capito”. Sono le stesse parole di un famoso discorso
che il generale De Gaulle pronunciò il 4 giugno 1958
in Algeria quando, cercando di calmare i
francese locale), lasciò credere che fosse determinato
a mantenere l’Algeria sotto il controllo della Francia. Il suo
discorso alimentò tra i coloni illusioni e speranze, amaramente
tradite dall’indipendenza dell’Algeria che seguì a breve.
Una scelta non casuale, che farà discutere. A qualche settimana
da quel discorso un’organizzazione si ispirerà alle parole
«vi ho capito» per lanciare una piattaforma di educazione
civica e di sostegno alla democrazia.
Immediatamente, viene tolto il divieto d’accesso a YouTube.
«Seicento nuovi disoccupati», commenta sarcastica Wafa,
da pochi mesi a Barcellona per sfuggire a un paese che non
offre opportunità, riferendosi ironicamente agli impiegati statali
addetti alla censura del web che perderanno il lavoro.
Sul blog in italiano di Bousufi
in Italia, appare un post pieno di foto di giovani uccisi da
armi da fuoco: «Ottanta fratelli sono morti solo per questa
vedere lo zucchero costare mezzo centesimo in meno? No, sono
morti per la libertà della propria terra, per il riscatto dei loro
cari da un domani colmo di menzogne e di paura, per un
futuro senza Ben Ali. I fratelli sono morti per noi tunisini del
mondo, sono morti per il nostro futuro. Fratelli miei, mi vergogno
di non aver lottato con voi, voi che a ogni mio ritorno a
casa mi aspettavate a braccia aperte».

Pochi minuti dopo il discorso del presidente si sentono
strombazzare innumerevoli clacson a festa. Ma com’è possibile
– ci si domanda – che in pieno coprifuoco alcuni tunisini rischino
di essere uccisi per uscire a festeggiare le parole del
dittatore? E se il movimento si fermasse? Cresce la paura, in
particolare tra chi è stato più attivo. «Se finisse così, con qualche
concessione? – si chiede Monique, come tanti altri, dopo
le prime reazioni della gente – Il regime riprenderebbe la sua
vecchia politica, e sicuramente la vita e la libertà degli attivisti
sarebbero a rischio. Dopo qualche mese tutti dimenticherebbero
e Ben Ali avrebbe la sua vendetta». Anche Ahmed Hafiene,
da Roma, non può fare altro che sperare che il movimento
continui, «perché se la rivolta finisce qui, Ben Ali verrà a cercare
i manifestanti uno a uno nelle loro case».

Anche alcuni coraggiosi rompono il coprifuoco per uscire
a vedere chi festeggia: video e testimonianze oculari rivelano
che in realtà si tratta di macchine in affitto (le targhe sono tutte
blu e bianche), il cui rumore di clacson è stranamente identico.
«È una farsa», dice Mourad, il regista, «quelli che festeggiano
gridano tutti una cosa sola: “Viva Ben Ali”. Venite domani
alla manifestazione e faremo la conta di quanti slogan la
gente riesce a inventare».
La notizia dei finti festeggiamenti e delle auto noleggiate
dal partito giunge a Parigi, ed è trasmessa anche da France 24:
«È tutto falso, orchestrato dagli uomini di Ben Ali». Nella
notte riprendono gli spari. Ma come? Il presidente non aveva
detto che non ci sarebbero più state violenze?

La rivoluzione è salva, nella notte circolano messaggi e appelli
ancora più forti, e le adesioni alla manifestazione del
giorno dopo aumentano"

estratto da Russo, Santi, 2011, Non Ho Piu' Paura, Diario di Una Rivoluzione, Gremese Editore
so. Condanna l’uso delle armi nella repressione e promette di
fahim tukum,Pieds-Noirs (la comunità , tunisino immigrato da annicausa? Solo per rendere YouTube visibile in Tunisia? Solo per
 

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