sabato 28 maggio 2011

Tunisia rinvio elezioni al 16 Ottobre

Dopo una settimana di dibattito, la decisione e' stata presa (anche se ancora contestata e non sicura al 100%). Le elezioni in Tunisia si terranno con tutta probabilita' al 16 Ottobre. Decisione accolta da molti con delusione, soprattutto da chi sperava in una transizione rapida e in un accelerazione dei tempi che avesse evitato che il periodo di Ramadam, che quest'anno cade a Agosto, fosse usati da "alcuni" per consolidare una posizione, quella del partito islamista Ennhada, che gia' ora secondo gli ultimo sondaggi la vedono in testa nelle preferenze con il 30%, seguiti a ruota dal PDP 29%. Ma in fondo molti dei partiti ai per lo piu' sconosciuti stano presentando solo in questi giorni i propri programmo. Al di la delle possibili "manovre" di realpolitick, le ragioni del rinvio sono pero' forti. A seconda di alcune fonti diplomatiche, il paese non era ancora pronto. Il rischio che la nuova tunisia nascesse all'mbra di sospetti di brogli elettorali troppo alto. La pazienza e' la virtu dei forti....e che vinca il migliore

giovedì 26 maggio 2011

mercoledì 25 maggio 2011

Milano Islamica?

Anche le cene tra amici qui nella sponda sud del mediterraneo vengono rovinate dai nostri polici nella sponda Nord. Sono a Tunisi, in un ristorante elegante con mio collega Yasser, pakistano mussulmano praticante, ma anche molto tollerante. Bevo un bicchiere di vino e anche se per lui bere alchool e' un peccato, non appare disturbato dal mio gesto.  E' una cena tranquilla, ma come all'improvviso la conversazione ricade sul primo ministro e sulla sua affermazione che se a Milano vince la sinistra la citta' diventera' "islamica". Si sente profndamente offeso dalla frase di Berlusconi  "Come si permette? Capirei un politico estremista, ma come si permette un primo ministro di un paese civile di dire una frase simile?". Yasser si chiede se ci andra' piu' a visitare questa Italia dove si sente sempre meno e meno accolto. Cerco di convincerlo che il nostro primo ministro e' sempre piu' isolato, ma Yasser mi fa riflettere che in qualsiasi paese normale una frase del genere avrebbe suscitato l'ira di una popolazione e numerose promesse, in Inghilterra (paese in cui Yasser ha vissuto per molti anni) una frase del genere avrebbe dichiarato la fine di una carriera politica. La nota piu' grave e' che la gente non e' scesa in piazza (o forse qualcuno lo ha fatto in piccoli numero), il presidente della repubblica, la chiesa, nessuno sembra esser intervenuto. E' come se ormai noi italiani ci siamo abituati a passare sopra al fatto che i nostri rappresentanti istituzionali continuino a macchiare l'onore di un popolo per strappare qualche voto. E se avesse detto che la citta' diventava ebraica? o cattolica? Che Milano diventi dunque islamica, ebraica, cattolica e laica, e che nella sponda Nord del mediterraneo dica "No" all'intolleranza, a chi ci vuole sempre e comunque lo scontro di civilta'.

lunedì 23 maggio 2011

Lo scaricabarile che uccide

Con questa immagine un caricaturista algerino commenta la diatriba tra Francia e Italia, mentre si affrettano a respingere i Tunisini oltre le proprie alpi. Nel frattempo, la conta dei morti nel Canale di Sicilia, sale ai massimi storici. Come confermano Delgrande nel suo ultimo post sono 1,500 i morti nel mediterrano nei primi 5 anni del 2011. Oltre 1,400 nel Canale di Sicilia. Una gran maggioranza sembra vengano dalla Libia. E' cosi che mentre la Tunisia ha accolto a braccia aperte 480,000 rifugiati sui propri confini, la sponda Nord e' in attesa, gioca a rimpallarsi le barche. Quello che sta succedendo il Libia e' una nuova Sebrenica. E non sara' certo il giochetto rappresentato dall'artista Algerino ad aiutare. Bisogna intervenire, mandare navi a cercare la gente a Misrata, portarli in salvo dalla guerra ... e dai naufragi. Ma come giustamente mi ha confessato una donna politica di spicco al governo Berlusconi "la politica estera e d'immigrazione in Italia e' usata per questioni di politica interna, solo per prendere voti". In questo Italia e Francia, si trovano sulla stessa barca...

venerdì 20 maggio 2011

Libia, le stragi i cui nessuno parla

Fortress Europe: Rivoluzionari e razzisti? Le stragi dei ribelli di...: "I misfatti delle milizie di Gheddafi li conosciamo già. Ma delle stragi commesse dai ribelli non vuole parlare nessuno. Forse perché il raz..."

fortresseurope.blogspot.com

lunedì 16 maggio 2011

Crisi libica, immigrazione, una debita proporzione

Mi ha colpito e vi raconto il nome di Hatem cugino di una mia amica tunisina, lavoratore stagionale in Libia. E' scappato dalla guerra e tornato come decina di migliaia di tunisini  senza lavoro, senza risparmi e spesso senza esser pagato per mesi. Faceva il disegnatore di gioielli in una fabbrica libica. Oltre ad esser tornato senza soldi, la Libia gli ha regalato un'infezione ai polmoni legata alla polvere che respirava in fabbrica. Non sa piu' come sostenere la famiglia e sente di aver perso la dignita'. Non ha il coraggio di tornare da sua moglie e dai suoi figli, che ormai vedono in lui un fallimento e un "peso". E' una delle tante storie che si acoltano in Tunisia oggi. La Tunisia di oggi non offre molto. La crisi economica incalza. Il commercio con la Libia (principale partner commerciale oltre l'UE) e' ai minimi storici, il turismo e' in declino, date le varie paure dei turisti occidentali, alimentate spesso dalla "Beiruttizzazione" della Tunisia. Come racconta questo video, molti di loro partono per la disperazione, ma anche perche' vogliono trovare un modo di sostenere il proprio paese, con le rimesse che guadagneranno in Europa, come facevano i tunisini dalla Libia e come facevano gli italiani dall'America. Ma quello che colpisce oggi sono i numeri di questi flussi. Al 12 Maggio secondo l'Organizzazione Internazionale per la Migrazione, la Tunisia aveva gia' ospitato 380,000 uomini e donne in fuga dalla Libia. Ad accoglierli una popolazione, quella della Tunisia, di soli 10 Milioni abitanti, cioe' uno rifugiato ogni 26 persone. In quella stessa data, poco piu' di 30,000 gli uomini e donne approvati sulle coste italiane dall'inizio dell'anno, cioe' uno ogni 2,000 abitanti. Anche se l'Italia ricevera' 80,000 arrivi, come previsto da Maroni, saranno comunque una cifra misera, in paragone a quello che ha visto la Tunisia. A buon intenditore, poche parole

venerdì 13 maggio 2011

L'altro volto della stazione Termini - volontari Tunisini all'opera

Dopo quasi quattro mesi dalla rivoluzione tunisina che ha coinciso con l’aumento del flusso migratorio verso l’Italia, molti tunisini sono approdati a Roma. Da più di un mese si radunano alla stazione Termini in attesa di un treno per Ventimiglia per continuare il loro viaggio in Europa, stanchi ma speranzosi per il futuro. In loro soccorso è intervenuto un gruppo di volontarie, per la maggior parte tunisine residenti a Roma. Tra loro ci sono Ouiem e Amani, entrambe 23enni, che, appena saputo dell’arrivo dei loro connazionali, sono corse a dare il loro sostegno. “Aiutare loro è come aiutare la nostra Tunisia” dicono amareggiate per non “aver messo il petto al fuoco”, per non aver potuto fare nulla per la loro nazione prima d’ora. “Questi ragazzi sono i giovani che hanno fatto la rivoluzione. Quando hanno protestato noi stavamo comode a casa a mangiare e dormire. Abbiamo l’obbligo di aiutarli per ringraziarli” ha sottolineato Ouiem, arrivata in Italia quando aveva 4 anni al seguito del padre che ha aperto un forno a Roma. Oggi Ouiem lavora come interprete al Tribunale e sogna di fare la poliziotta. Amani e Ouiem non si conoscevano prima. Si sono incontrate per la prima volta a Termini. “Abbiamo saputo che un gruppo di tunisini era arrivato a Roma grazie a Facebook e ognuna di noi è corsa a dare il proprio aiuto, spontaneamente”  ha spiegato Amani, trasferitasi nella capitale due anni fa, dopo aver sposato uno scenografo italiano conosciuto sul set di “Baaria” di Tornatore a Tunisi dove faceva la comparsa. Oggi Amani studia fotografia e sogna il cinema, ma il suo cuore è in Tunisia. “La mia famiglia vive lì. Quando sono tornata a un mese dalla cacciata di Ben Alì ho capito che la gente stava male - ha raccontato -. I giovani scappano per aiutare la Tunisia. Pensano di guadagnare un po’ di soldi e poi tornare in patria dove oggi purtroppo non c’è più nulla”. Ouiem e Amani si sentono fortunate, hanno tanti impegni e tanti sogni, ma da quando sono arrivati i tunisini a Roma hanno messo da parte ogni cosa. La priorità è diventata aiutare la Tunisia e così ogni giorno vanno a Termini, fanno da interprete con i capotreno quando arriva il momento delle partenze grazie ai biglietti offerti dalla Protezione Civile e ascoltano i problemi di tutti. “I tunisini vengono lasciati dagli operatori del Comune di Roma alla stazione alle 9, dopo aver passato la notte nei centri d’accoglienza, e restano abbandonati lì fino a sera. All’inizio abbiamo cacciato di tasca nostri i soldi per il pranzo o abbiamo fatto collette per pr
eparare couscous, ora per fortuna il Comune e, su nostra richiesta, anche l’Ambasciata tunisina, stanno provvedendo ai pasti” ha detto Amani, con guardo fiero. “Abbiamo aiutato oltre 50 connazionali ad avere il permesso di soggiorno temporaneo di sei mesi previsto per i tunisini arrivati a Lampedusa tra l’1 gennaio e il 5 aprile accompagnandoli in Questura e facendo da mediatrici – ha aggiunto Ouiem -. Con alcuni siamo state anche al collocamento per iscriverli nell’elenco dei disoccuparti. Li abbiamo semplicemente aiutati ad avere i loro diritti”.


Francesca Bellino, pubblicato su Tustyle
www.francescabellino.it/

mercoledì 11 maggio 2011

Le lacrime di una sala d'attesa

Negli ultimi mesi l'aeroporto di Tunis Carthage e' stato il testimone privilegiato di un crocevia di emozioni e di umanita', oltre che luogo dove si e' scritta la storia della Tunisia. Da questo aeroporto si e' consumata la fuga del dittatore Ben Ali e la fine di un epoca. Da questo aeroporto si e' consumata uno degli atti di coraggio e di disobbedienza nei confronti della famiglia del dittatore Ben Ali, per mano di Captain Mohamed Ben Kilani che ne rifiuto' l'imbarco, negandone la fuga. . Ma e' lontano dai grandi riflettori e dai grandi eventi, che si scrive la storia in questo stesso aeroporto. E' la storia dei rientri, come quello degli uomini e donne che tornano da anni di esilio e ad accoglierlo sono folle giobilanti di amici e parenti. Tornano nella Tunisia libera, pieni di speranza e voglia di costruire un paese nuovo. Ma ci sono anche i rimpatri, quelli dei voli speciali che riportano indietro le speranze frantumate sulle coste di Lampedusa, che riportano chi ha perso tutto mettendo il proprio destino e i propri soldi in mano ai trafficanti di uomini, e che torna in un paese che ha poco da offire in un periodo di grave crisi econommica. Tornano con voli targati Tunisair o Alitalia, spesso in charters dove si mischiano turisti (quei pochi che vengono in questi giorni) e uomini d'affari. Il loro ritorno non e' la scoperta di nuove terre o opportunita', ma il ritorno all'emarginazione alla poverta', alla dura realta' di chi e' scappato, ma e' stato rifiutato. L'incontro con i propri amici e parenti nella sala arrivi dell'aeroporto e' straziante. Versano lacrime. Non sono le lacrime di gioia di chi si rincontra dopo tanto tempo, ne' quelle di chi si separa di fronte ad una partenza, ma il paradosso e' che quelle sono le lacrime di un incontro, che e' la realizzazione di un fallimento. Sono stato all'aeroporto qualche giorno fa e li ho visti con i miei occhi, io pronto a riabbracciare con gioia mia madre che veniva in visita in Tunisia, e loro che soffrivano per un amaro incontro obbligato. Avrei tanto voluto piangere con loro, offrire un qualche forma sollievo. Avrei voluto condividere questa immagine, questi volti con tutti coloro che nell'Italia e l'Europa di oggi sono pronti a gridare al rimpatrio immediato egli immigrati, senza chiedersi  da dove vengano, perche' hanno rischiato la loro vita per raggiungere le nostre terre, ma soprattutto cosa vanno a trovare, quando tornano nelle proprie terre. 

domenica 8 maggio 2011

J'accuse del popolo tunisino all'Italia, sottoscriviamo

L'angolo del patriota: Il '' j'accuse'' del popolo tunisino: "Compatrioti vittime del ''piano'' vittimista del governo italiano Berlusconi a Lampedusa Per la prima volta dalla nascita del blog..."

Tunisia che non vinca la paura


Oggi Cartagine si e' svegliata con una calma inusuale. Anche se il coprifuoco e' finito alle 5 del mattino, ho l'impressione che la gente preferisca rimanere in casa. Accompagno mia moglie all'aeroporto, attraversando la strada semideserta di Kram (quartiere popolare a due passi di Cartagine). Sotto i nostri occhi appaiono le distruzioni della notte. Il commissariato di polizia e' stato attaccato, alcuni negozi sono stati danneggiati, la strada e' bloccata da un blocco di cemento, messo probabilmente la sera prima per rallentare gli spostamenti. Immediatamente il nostro pensiero torna indietro al 17 gennaio, quando lasciammo Tunisi per qualche giorno lungo quella stessa strada, scoprendo le tracce e i resti della guerra urbana dei tre giorni precedenti in cui il popolo, liberatosi del dittatore Ben Ali, aveva sconfitto (o almeno credeva) le milizie a lui fedeli. Ecco che quando la Tunisia sembrava avviata presso una transizione democratica fatta di passi ragionevoli: (i) assemblea constituente, (ii) nuove regole, (iii) elezioni libere; quando la Tunisia era oggetto di promesse di impegno e solidarieta' da vari paesi e organizzazioni internazionali (la settimana scorsa Banca Mondiale e Banca Africana di Sviluppo avevano annunciato 1 miliardo di dollari in aiuti immediati al paese), quando il turismo sembrava riprendere, anche se piu' lentamente della stagione precedente, ecco che il paese sembra rimpiombare nel buio della paura. Passeggiando sotto casa ascolto i miei vicini, che sembrano aver perso la speranza in una transizione democratica "non ci saranno le elezioni a luglio, ci vuole sicurezza del territorio prima di tutto!". Su facebook emergono le triste immagini delle violenze di giorni precedenti. Poliziotti, uomini con la tenuta nera delle forze speciali (quelli che seminavano terrore durante l'epoca di Ben Ali) o in tenuta non ufficiale (vedi foto) rincorrere e picchiare duramente uomini e donne in fuga. Sono le vecchie abitudini di alcuni individui? o c'e' qualche inflitrato o uno schema che qualcuno sta preparando per seminare nuove paure, un nuovo clima di guerra urbana? La reazione e' immediata. La sonnecchiante comunita' di facebook tunisina riprende i ritmi rivoluzionari, con condivisioni di video e testimonianze alla velocita' della luce. Gli attacchi ai commissariati sono la reazione immediata della rabbia cittadina. E cosi' che la gente comune, non piu' in clima rivoluzionario, comincia a avere nuove paure, a solleticarsi con l'idea che in fondo un colpo di stato non e' la soluzione peggiore, che forse non e' valsa la pena.... E' cosi che la violenza di alcuni, tente a legittimizzare nuove paure e nuove violenze. Mi rifiuto. E' cosi che spengo il mio computer e vado al mare con i bambini. E' una bella giornata. Non voglio cedere alla paura. Cosi come il 13 gennaio, quando centro citta' era in tumulto, e andai (forse con un po' di incoscenza) al parco a far giocare i bambini, cosi oggi, e mai come oggi il paese deve andare avanti, e noi con lui. Che si denuncino le violenze, si puniscano i resposabili, si rispetti il coprifuoco (confermato anche stasera), ma che si lavori per tornare alla normalita'. Che non vinca la paura, in nessuna delle sue forme.

sabato 7 maggio 2011

Coprifuoco in Tunisia, le nuove paure

Questa doveva essere una serata tranquilla. Ci preparavamo ad una cenetta romantica a Sidi Bou Said ristorante con vista sul mare. Prenotato tavolo accanto alla vetrata prinicipale del Au Bon Vieux Temps. Eravamo sul punto di uscire dalla porta. Un sms di una collega tunisina fa sfumare l'occasione "Coprifuoco dalle 21 di stasera a domani alle 5". Manca mezz'ora, chi dei nostri amici puo' esser in giro?. Inizia il tam tam dei messaggi, facebook, twitter. Ripercorriamo i momenti vissuti nelle giornate calde di gennaio. Scopriamo che oggi e' stata una giornata molto animata in centro citta'. Mentre noi con famiglia ed amici ci crogiolavamo al sole e giocavamo col vento sulla spiaggia di Gammarth, ad Avenue Burghiba venivano sparati lacrimogeni, volavano botte, spari di avvertimento. Sono due giorni che Tunisi e' in fervento, in seguito alle dischiarazioni del ex-Ministro degli interni. Il quale ha affermato (e non e' il solo) che il vecchio partito e' ancora infiltrato nel potere e che si prepara un colpo di stato in caso di vittoria di Ennadha, il partito islamista nelle prossime elezioni. In molti chiedono le dimissioni del governo, la fine delle infiltrazioni del partito nei punti nevralgici di potere, la necessita' di una nuova rivoluzione. Ormai da settimane avevamo imparato a convivere con varie proteste. Sono espressioni delle rivendicazioni quotidiane di un popolo represso per 20 anni. Spesso pero' sono strumentalizzate da chi vuole creare chaos e vuole far rimpiangere il passato. Comme commentavo oggi con il panettiere del quartiere, citando una famosa frase "per fare una frittata bisogna pure rompere le uova".
Il richiamo al coprifuoco apre ora uno scenario incerto. Forse un opportunita' per prendere fiato, riconoscere che la transizione non e' del tutto avvenuta. Un'opportunita' per tutti di rinunciare ad uscire facendo finta di nulla, e di stare a casa e riflettere... E che la notte porti consiglio.

mercoledì 4 maggio 2011

Circo Bellucci, deja vu?

La notizia del Circo Bellucci in difficolta' in Siria ci rattrista perche' conosciamo la situazione di chi e' in difficolta', ma ci da perplessita'. C'e' chi tra la comunita' italiana a Tunisi si chiede "ci stanno provando gusto?". Come forse i lettori ricorderanno, lo stesso Circo si trovo' "intrappolato" - almeno a detta del Circo e i giornali che gli fecero eco a Sfax, dove giro' la notizia che era sotto attacco. Intervenirono tutte le alte sfere, il Ministro degli Esteri Italiani Frattini e il Presidente della Regione Puglia Nicky Vendola. L'ambasciata italiana si trovo' contretta ad intervenire portando soccorso ad un circo che come lo stesso ambasciatore rivelo' successivamente, non aveva in realta' subito nessun attacco , distogliendo l'attenzione da una ben piu' importante comunita' italiana e da situazione di pericolo ben piu' grave. Il circo fu ripatriato a spese del contribuente italiano (voci circolano che sia costato 100,000 euro), mentre gli altri italiani se la cavarono da soli. Ma i gironalisti spensero i riflettori su un caso assai piu' interessante. Perche' se non erano in pericolo, tutta questa fretta al rimpatrio? come erano entrati in Tunisia con il vecchio regime? che legami aveva il Circo con la famiglia Trabelsi? che favori aveva ricevuto per far entrare (unico circo europeo) tutti quegli animali al dispetto di regole assai rigide? Come ha commentato un'amica qui in Tunisia "Ci vorrebbe il Gabibbo"....o magari un'inerrogazione parlamentare, prima di spenderne altri 100,000 per rimpatriare il circo dalla Siria.

martedì 3 maggio 2011

La Rivoluzione Tunisina a Cannes - complimenti Mourad

E' con grande onore che vi annunciamo che il nostro amico regista Mourad, nonche membro onorario del network Italiani di Carthage presentera a Cannes il suo film sulla rivoluzione. Complimenti Mourad!! Posteremo il video (o una sua anteprima) appena possibile. Stay tuned